Passano gli anni ma PES rimane sempre uguale a se stesso. Definizione populista? Forse, ma se seguite la saga sin dal suo principio (il primo PES a cui ho giocato era ancora in giapponese e si chiamava Winning Eleven) probabilmente mi darete ragione. È ovvio che l’edizione del 1997 e quella del 2017 non possono essere uguali, ma se provate a confrontare PES 2018 con il 2017 o il 2016, probabilmente notereste ben poche differenze. Eppure da un gioco che ogni anno viene surclassato nelle vendite da FIFA uno scatto di reni ce lo aspettiamo. Questo non vuol dire però che il titolo sia scadente, anzi tutt’altro.
Analisi di grafica e gameplay di PES 2018
Partiamo dall’analisi tecnica di PES 2018. La grafica è senza dubbio il suo punto di forza. Il realismo dei volti, almeno di quelli dei calciatori più famosi, ci lascia sempre più a bocca aperta. Da questo punto di vista Konami non ha rivali. Il fatto che durante l’anno continuano ad arrivare aggiornamenti con i nuovi volti dei calciatori volge in suo favore, anche se magari un database più curato al day one non sarebbe male… Molto ben curato anche il campo di gara che risente delle condizioni metereologiche, e persino le persone a bordocampo sono ben fatte.
Dal punto di vista del gameplay, pur rimanendo di ottimo livello, quest’anno a nostro avviso Konami ha un po’ toppato. L’intento dichiarato dagli sviluppatori è far notare le differenze tecniche tra i fuoriclasse e i calciatori “normali”. L’intenzione è positiva, ma la realizzazione un po’ meno. Ci sono alcuni elementi che un videogioco ancora non può ricreare perché l’intelligenza artificiale non arriva ancora ai livelli di quella umana. Pertanto, per far notare le differenze tecniche, sono stati resi molto più deboli i calciatori di fascia inferiore rispetto ai big. Vi invito a fare un esperimento: provate a giocare con una grande squadra, non dico il Barcellona ma anche un Milan o una Roma, e poi provate a giocare con una squadra di Serie B. Il gioco vi sembrerà immediatamente lento e legnoso. Il sospetto è che, per far risaltare Messi e compagni, siano stati “rallentati” gli altri giocatori. Il risultato: giocando nei campionati minori sembra di avere a che fare con dei paracarri con le gambe, davvero frustrante.
Probabilmente questo “errore” è stato intenzionale perché è evidente l’intenzione di Konami: spingere sulla modalità MyClub.
MyClub: quando si punta tutto sull’online e poco sull’off-line
Da Usain Bolt a Maradona, passando per i big reali e dell’età moderna, in MyClub si ha a che fare solo con i top player. L’intera campagna marketing di Konami, e persino la disposizione del menu di gioco, è orientata a spingere il giocatore verso l’online. Dal punto di vista del marketing non è sbagliato: gli introiti da questo settore sono talmente elevati da arrivare a doppiare i guadagni con le vendite dei videogiochi stessi. Il problema è che in questo modo Konami si “dimentica” di tutti quegli utenti (e sono tanti) che giocano per il puro gusto di giocare, e non lo fanno in modo competitivo. Che poi, diciamocela tutta, sono la gran parte della fan base di PES.
Gli uomini di Konami sperano di poter diventare come FIFA, ma a mio parere FIFA fa parte di un’altra categoria di giochi; Konami dovrebbe continuare a fare ciò che sa fare meglio, e cioè il gameplay e non coltivare la community online. O almeno far progredire le due cose di pari passo.
Ad ogni modo il pubblico online c’è, e qui le novità non mancano. Abbiamo infatti il co-op 3vs3 (difficile da organizzare e soprattutto da mantenere per tutti i 90 minuti), oppure il co-op 3vsCOM, senza considerare le altre modalità note e i tanti eventi organizzati durante l’anno. Difficile dire se prima o poi PES 2018 o i prossimi capitoli supereranno quanto fatto da EA con il FUT, ma al momento sembra ancora utopia.
Diventa una Leggenda, Master League e licenze
La modalità Diventa una Leggenda è stata letteralmente abbandonata a se stessa. È rimasta praticamente identica a quella di 4 anni fa, senza che nemmeno una virgola cambiasse. C’erano dei difetti (come per esempio l’impossibilità di rifiutare un’offerta di un’altra squadra: o l’accetti o aspetti che scada), e lì sono rimasti per tutti questi anni. Davvero un peccato.
La Master League invece ha fatto registrare piacevoli novità. Il sistema del mercato è stato completamente rivisto, ci sono importanti aggiunte come le clausole rescissorie, la percentuale di successo in base al cambiamento delle clausole, la modalità “sfida” molto più avvincente di quella “classica” e tanti altri dettagli che occuperanno molto le giornate di chi preferisce giocare offline. L’unico problema è, appunto, evitare di partire dalle serie minori perché la differenza tra la Serie A e la B (così come tra Premier League e Championship, piuttosto che tra Ligue 1 e 2 ecc.) è abissale. Le serie maggiori sono molto divertenti, quelle inferiori…impacciate. E che dire della telecronaca identica al 99% a quella di tre anni fa?
Infine il solito tallone di achille di tutta la saga di PES: le licenze. Ormai la community l’ha presa con filosofia, sa bene che le prime due ore di gioco, anziché rincorrere un pallone, le trascorrerà a modificare nomi e magliette. Qui vi abbiamo indicato un modo rapido per cambiare tutto con pochi clic. Almeno così l’assenza delle maglie e dei nomi ufficiali non si fa sentire, mentre le presenze della Champions e dell’Europa League vanno a sopperire all’assenza atavica del campionato tedesco.
Conclusioni
Se volessimo trarre una conclusione che riannodi tutti i fili dei discorsi aperti sopra, potremmo concludere affermando che PES 2018 è sì un buon gioco, ma che dà pochi motivi ai fans di vecchia data, magari quelli che hanno giocato a PES 2017, di comprarlo. Le differenze sono davvero minime, e se togliamo forse lo spirito di appartenenza (molto forte a dire il vero) della community pessiana, non restano molti motivi per preferirlo alla concorrenza. Se invece non acquistate un PES da tanto, o siete dei neofiti dei giochi di calcio e dovete scegliere tra questo e FIFA, forse PES 2018 può essere la scelta più adatta.