Da qualche mese l’Italia ha conosciuto un nuovo acronimo che fa paura: TAP. Da non confondere con il TTIP che è tutt’altra cosa, né con la TAV. TAP sta per gasdotto trans-adriatico (deriva dall’inglese Trans-Atlantic Pipeline) ed è un gasdotto che parte dall’Est Europa, per la precisione dall’Azerbaijan, passa per Grecia e Albania, e termina in Puglia, nella provincia di Lecce. A cosa serve? E soprattutto perché i residenti protestano come fanno quelli della TAV in Val di Susa?
TAP: in cosa consiste il gasdotto
Il TAP è un progetto che servirà per trasportare il gas dal Mar Caspio all’Europa. Se realizzato, abbatterà notevolmente i costi di trasporto del materiale e ne aumenterà la sicurezza. Partendo dalle coste azere, il gasdotto assume diversi nomi fino all’ultimo, TAP, lungo 878 km che attraversa Grecia e Albania per poi approdare, dalle profondità dell’Adriatico, a San Foca di Melendugno, in provincia di Lecce. Qui poi risale fino a Brindisi per andare ad alimentare l’infrastruttura nazionale già esistente. Secondo i calcoli dei suoi promotori, il gas trasportato potrebbe essere sufficiente al fabbisogno di 7 milioni di famiglie europee. Platea che potrebbe raddoppiare in futuro, quando il canale sarà sfruttato al massimo. Il TAP non riceve finanziamenti dall’Unione Europea (almeno ufficialmente) né dagli Stati nazionali, ma è interamente finanziato dalle società energetiche coinvolte: SOCAR, Snam, BP, Fluxys, Enagás ed Axpo. In realtà pare che i primi finanziamenti siano arrivati proprio dai fondi strutturali europei per effettuare gli studi di fattibilità.
Perché il TAP è osteggiato dalla popolazione
Da quando i lavori del TAP sono cominciati in Italia, abbiamo assistito alle stesse scene viste in Val di Susa con la TAV, o in precedenza con i rifiuti radioattivi a Scanzano Jonico. Barricate per le strade fatte con cassonetti dell’immondizia e ostacoli di ogni genere, proteste, manifestazioni, lanci di bottiglie e minacce di morte al personale. Perché? A dire la verità non c’è solo un motivo, ma le cause sono diverse.
Quella più strettamente legata al territorio è che, nonostante i promotori affermino che il progetto sia sostenibile, molti alberi verranno abbattuti per fare spazio al gasdotto. E in questo caso non si parla di qualche quercia secolare protetta dagli ambientalisti. Il territorio attraversato è terra di ulivi, migliaia di famiglie della zona vivono grazie all’indotto dell’olio. Sradicando gli ulivi, già fortemente provati dal fenomeno Xylella, si toglie la sussistenza alla popolazione locale. Si parla infatti nel complesso di oltre 10.000 alberi tra le province di Lecce e Brindisi. Ma non ci sono solo gli ulivi. Verrebbero deturpate anche parte delle spiagge del Salento, altro bene naturale che dà da mangiare a interi paesi. Per non parlare del problema inquinamento.
Ma ci sono problemi anche a più largo raggio. L’Espresso ha recentemente pubblicato un report dal quale si evince che nel progetto del TAP siano coinvolti la ‘ndrangheta, in combutta con i narcos sudamericani. Non possono ovviamente mancare gli affaristi italiani che in qualche modo coinvolgono la parte più sporca della politica.
La società svizzera che gestisce il tratto italiano di TAP è corsa subito ai ripari. Ha infatti dichiarato che, essendo il gasdotto sotterraneo, gli ulivi verranno ripiantati e le spiagge ripristinate. Appena ultimati i lavori le aree saranno bonificate dall’inquinamento prodotto, e ha fortemente negato ogni collusione con qualsiasi tipo di mafia, arrivando anche a querelare L’Espresso.
E lo Stato che fa? Tra la popolazione che si oppone al progetto e la politica locale che chiede almeno di spostarlo un po’ più a Nord per avere minore impatto, lo Stato centrale ha deciso di ignorare tutti. La prima autorizzazione risale al Governo Monti, ma anche successivamente Letta e Renzi hanno continuato a considerare il TAP un’opera strategica e pertanto può bypassare la volontà della popolazione. Proprio nelle ultime ore il Presidente della Repubblica Mattarella ha chiesto ai suoi colleghi di fermare i lavori, ma sembra più un appello “dovuto” fatto per tranquillizzare gli italiani che non un ordine convinto.