Hatred – Recensione

di Onofrio Marco Mancini
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recensione hatred

Ha fatto tanto scalpore negli scorsi mesi, facendosi conoscere come il gioco più violento di sempre. Stiamo parlando di Hatred, titolo sviluppato solo per PC da una casa sviluppatrice che ha un nome che è tutto un programma: Destructive Creations. E infatti già dalle prime immagini rilasciate nelle scorse settimane l’altissimo tasso di violenza di Hatred è stato ampiamente confermato. Ma oltre al sangue c’è di più? Andiamo a scoprirlo nella nostra recensione.

Hatred: un videogioco senza capo né coda

Partiamo dal presupposto che Destructive Creations è una casa sviluppatrice piccola, praticamente agli esordi, e che dunque non potevamo aspettarci chissà che. Il problema è che le “non aspettative” sono state confermate. Hatred è infatti un concentrato di violenza senza senso. Il protagonista del gioco, che non ha un nome ma viene chiamato semplicemente “il Crociato” è un uomo bianco, intorno ai 30 anni, che senza una vera motivazione un giorno si arma di tutto punto e decide di sterminare la popolazione del suo vicinato.

Il gioco infatti inizia con lui che, in casa sua, comincia a delirare affermando che l’umanità fa schifo ed altre follie simili. Una volta aver riempito le sue tasche di armi e munizioni, esce in strada e comincia a sparare a caso. Non vogliamo di certo fare i moralisti in questa sede, anche perché al sottoscritto i videogiochi violenti non fanno di certo orrore, ma riteniamo avrebbe avuto più senso fornire un minimo di trama al gioco. Il nostro Crociato infatti decide di uccidere indistintamente tutti i suoi vicini. Dopo aver finito di sterminarli, si sente come drogato da una sensazione di onnipotenza e decide di alzare il tiro fronteggiando da solo uno squadrone di Swat, e poi masse di gente sempre più grandi, arrivando persino a mettere a ferro e fuoco una caserma militare. Nel proseguio della storia gli sviluppatori hanno tentato di dare almeno un filo logico, cercando di stabilire un obiettivo alla folle corsa del nostro Crociato, ma le belle intenzioni restano sulla carta.

Un gameplay apprezzabile

Almeno dal punto di vista tecnico possiamo ritenerci soddisfatti. È apprezzabile infatti la qualità grafica, nonché la scelta di “colorare” lo scenario di bianco e nero, un po’ come lo vedrebbe un pazzo dal suo punto di vista, in modo da far risaltare il rosso del sangue e il blu delle luci delle sirene. Anche la giocabilità è discreta, con i tasti direzionali e solo altri due tasti extra da premere, mentre il mouse dà la possibilità di mirare e sparare. Molto carina invece l’idea di inserire una sorta di “Fatality” per finire le persone agonizzanti a terra. Ce ne sono diverse ed alcune anche originali, anche se dopo una decina di minuti di gioco le avremo già viste un po’ tutte.

Considerazioni finali

La longevità lascia un po’ a desiderare, un paio di ore di gioco, forse tre a voler fare le cose per bene. Assenza di missioni secondarie o di finali alternativi, invincibilità del nostro personaggio (bastano uno o due proiettili per uccidere un avversario, ma per uccidere noi dobbiamo essere colpiti consecutivamente da decine di colpi), e assenza di una vera e propria trama cancellano quanto di buono fatto dal comparto tecnico. Come gioco di esordio alla fine non è male, bisogna fare i complimenti agli sviluppatori, ma di certo Hatred non rientrerà mai tra i titoli che fanno la storia dei videogiochi. L’impressione è che si sia usata l’arma della violenza estrema e fuori da ogni buon gusto solo per far parlare di sé e riuscire a vendere un gioco che, altrimenti, sarebbe passato sotto silenzio.

Voto di Minformo: 5
Voto Metacritic: 45/100
Voto utenti Metacritic: 5,3

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