Mucca pazza: sintomi e ultimi aggiornamenti

di Paola Pagliaro
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morbo della mucca pazza

Che fine ha fatto la mucca pazza? L’encefalopatia spongiforme bovina, una malattia neurologica cronica che colpisce le mucche ma che può anche colpire gli esseri umani, non è completamente sparita dall’Italia, anche se il fenomeno è fortemente arginato. Il morbo statisticamente colpisce indipendentemente uomini e donne soprattutto dopo i 40 anni, ma sono possibili contagi anche in età più giovane. Nonostante sia una malattia trasmissibile, non è causata né da un virus né da un batterio, ma da una proteina modificata chiamata prione. È possibile il contagio umano soprattutto attraverso trapianti di organi provenienti da persone infette o, in misura minore, attraverso l’alimentazione o il contatto con liquidi infetti.

Il morbo della mucca pazza colpisce molto più facilmente i bovini perché sono maggiormente esposti al rischio a causa dell’alimentazione. Ma biologicamente i neuroni colpiti sono compatibili anche con gli esseri umani ed altri animali (già dagli anni ’90 sono stati riconosciuti casi di contagio nei gatti, ma sono stati trovati casi anche in pecore e capre).

I sintomi della mucca pazza e come si trasmette

I sintomi che compaiono negli esseri umani sono di natura muscolare e psichica. Più nel dettaglio il paziente può provare difficoltà di comprensione e sensoriale, perdita di memoria, depressione, apatia, vista offuscata, vertigini, ansia e anche alcuni dolori ai sistemi sensoriali (occhi, bocca, orecchie, ecc.). Diventa poi difficile camminare, stare in piedi e persino parlare. Una volta che i sintomi compaiono si evolvono molto in fretta e portano alla morte nel giro di pochi mesi, spesso a causa di complicanze polmonari.

Capire come sia possibile che un essere umano possa avere contratto il morbo della mucca pazza è molto difficile in quanto, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la malattia avrebbe un periodo di incubazione lunghissimo, fino a 4-5 anni, e per questo risalire al momento dell’avvenuto contagio così tanti anni più tardi diventa pressoché impossibile. Anche la diagnosi è difficile in quanto i sintomi, quando compaiono nei pazienti anziani, possono essere confusi con quelli della demenza senile o con altre patologie come il morbo di Alzheimer. Per questo gli esami spesso vanno al rilento proprio perché devono escludere patologie più comuni. Tra gli esami che si effettuano ci sono risonanze magnetiche al cervello, elettroencefalogramma e biopsie, ma la diagnosi certa dell’encefalopatia spongiforme è possibile solo post-mortem, analizzando il cervello del paziente deceduto.

La trasmissione agli esseri umani ancora non è molto chiara. Esistono sicuramente fattori di rischio come l’essere esposti al bestiame infetto e il consumo di carne bovina contaminata, ma si contano almeno 4 casi di trasmissione legata ad una trasfusione di sangue mentre si sospettano anche casi legati all’impianto di organi da donatori infetti e cause genetiche.

La situazione della mucca pazza oggi

Dopo i primi casi tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90, e il picco del 1992, alla fine l’Unione Europea ha deciso di legiferare per vietare di nutrire i bovini con le farine modificate di origine animale che si sospetta siano alla base del contagio, e difatti i casi si sono ridotti drasticamente. La situazione si è andata complicando quando, nel 1996, è stata riconosciuta la variante umana della patologia denominata malattia di Creutzfeld-Jakob che però conta molti meno casi rispetto ai bovini (il picco si è avuto nel 2000 con 28 casi, quasi tutti nel Regno Unito). La malattia è letale e per questo è considerata prioritaria. Per questo motivo i controlli in Italia sono molto rigidi e i casi di contagio sono rari. Negli ultimi mesi si sono susseguiti una serie di allarmi per casi sospetti, ma raramente poi i pazienti deceduti o affetti dai sintomi della mucca pazza sono poi risultati effettivamente infettati da questo morbo. Dall’inizio del 2015 in Italia si sono registrati 3 casi sospetti nelle Marche e uno a Battipaglia, ma solo uno di questi è stato poi confermato. L’unico decesso recente italiano è infatti quello di un medico 52enne di Fano, morto ad inizio aprile 2015, ma come abbia potuto essere contagiato resta un mistero. L’ultima vittima italiana, prima del caso di Fano, risale invece al 2011.

Fonti: Organizzazione Mondiale della Sanità; MSD-Italia; Istituto Superiore di Sanità; Cdc
Foto: Wikipedia

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