L’esaurimento delle scorte di petrolio nei Paesi storicamente produttori ha spinto i magnati dell’oro nero a scavare anche dove fino a poco tempo fa era impensabile. Non soltanto dove è difficile arrivare, ma anche dove era vietato: il mare italiano. Erano rarissime, fino a pochi anni fa, le piattaforme petrolifere lungo le nostre coste. Purtroppo la crisi economica e petrolifera ha cambiato tutto ed ora, secondo una denuncia di Legambiente, c’è un vero e proprio assalto.
Come riferisce l’associazione ambientalista con un dossier molto dettagliato, un’area grande 24 mila chilometri quadrati, all’incirca quanto la Sardegna, è quella che i grandi colossi petroliferi si starebbero spartendo, incuranti dei pericoli per le coste italiane. In nome del progresso e del profitto infatti, amministrazioni locali e nazionali concedono sempre più autorizzazioni alle trivellazioni per scavare anche nelle aree di maggior pregio, spiagge turistiche popolate dall’unico settore che ancora tiene in piedi questo Paese, ovvero il turismo.
Per racimolare qualche milione con le autorizzazioni infatti, a nessuno viene in mente che una singola perdita di petrolio da una delle tante piattaforme potrebbe rovinare l’intera stagione estiva, nonché l’ecosistema, di una o più Regioni. Quelle a maggior rischio sono la Puglia, e più precisamente il Salento, e la Calabria, dove la Marina di Sibari è stata letteralmente presa d’assalto. Ma ci sono anche piattaforme di fronte alla provincia di Chieti, di Macerata, e per l’intera costa meridionale della Sicilia o al largo di Oristano. Praticamente gran parte del Centro-Sud è in pericolo.
Un pericolo che non vale l’investimento visto che secondo le stime le riserve marine italiane, con i consumi attuali, durerebbero non più di due mesi. Dunque la domanda che viene da porci è: ne vale la pena? Vale la pena di distruggere paesaggi marini incontaminati e molto delicati per un profitto esiguo? E cosa c’è dietro? Nonostante la nostra politica continui a ribadire di voler puntare sulle energie rinnovabili, questo assalto al petrolio dei nostri mari continua imperterrito. Tanto a pagare alla fine sono sempre e solo i cittadini.
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